È ancora necessario imparare a memoria le tabelline?

Siamo sicuri di non sprecare tempo a studiare cose rese inutili dalle tecnologie usate abitualmente oggi?
Siamo sicuri di non sprecare tempo a studiare cose rese inutili dalle tecnologie usate abitualmente oggi? Quanto tempo si spreca a studiare materie e metodi che non servono più, bypassati dal comune uso di strumenti come calcolatrici, computer e telefonini? Bisognerebbe riflettere su quali conoscenze siano realmente necessarie oggi. Tutti abbiamo studiato le tabelline e immagino che tutti siano ancora in grado di usarle per i conti più semplici, ma scommetto che la maggior parte avrebbe difficoltà a fare mentalmente una moltiplicazione con due o tre cifre. Scommetto anche che pochi prenderebbero in mano carta e penna per svolgere tale semplice esercizietto scolastico. Quasi tutti apriranno la calcolatrice del telefonino o di un qualsiasi altro dispositivo elettronico disponibile. Se un tempo memorizzare le tabelline era assolutamente necessario per saper far di conto, oggi è una pratica obsoleta. Questo esempio è volutamente provocatorio, il tempo speso per apprenderle è ben poca cosa rispetto al beneficio di conoscere una delle basi della matematica usata quotidianamente. Ma negli ultimi trent’anni i modi e le possibilità di accedere alla conoscenza sono radicalmente cambiati e chissà quante altre cose, un tempo importanti, sono adesso superflue. Il punto è che gli strumenti odierni rendono inutile la memorizzazione di certe nozioni o tecniche, mentre per consuetudine, tradizione e a dirla tutta, per inerzia, si continua a dedicare tempo e risorse a materie e metodi che in realtà sono divenuti antiquati. Oggi sembra ridicolo ed incredibile, ma fino agli anni settanta nelle scuole italiane si studiava ancora la calligrafia, anche se c’erano già le penne biro che permettevano di scrivere più velocemente che con le stilografiche, per non parlare delle macchine da scrivere, che rendevano ormai obsoleti e impresentabili i manoscritti. Prima, in assenza di tali modernissimi strumenti, era assolutamente necessario standardizzare e uniformare la scrittura affinché i documenti fossero leggibili. Il Regio Decreto del 1899 prevedeva, per le scuole dei futuri impiegati, fino a 3 ore settimanali di “bella scrittura”. Adesso le e-mail, i messaggi e la maggior parte dei testi vengono digitati sulle tastiere di computer e telefonini. Qualsiasi studente, con uno di questi strumenti, è in grado di fare calcoli anche complessi, di trovare, anziché dovere ricordare, date, luoghi, immagini e qualsiasi tipo di informazione gli sia necessaria su Internet. È vero che una totale subordinazione a questo modo di accedere alle conoscenze lo trasformerebbe in un perfetto ignorante al primo black-out, ma è davvero così importante? Al giorno d’oggi la nostra civiltà, noi tutti, siamo appesi a un filo, quello elettrico. Tutto il sistema deve funzionare e non può permettersi di bloccarsi. Le conseguenze previste per un black-out prolungato sono terribili. Senza elettricità sparirebbe non solo Internet, ma smetterebbero di funzionare anche televisori, frigoriferi, riscaldamento e acqua nelle case. Scomparirebbero l’illuminazione pubblica e la segnaletica stradale, causando numerosi incidenti. Si fermerebbero il flusso nella rete idrica e le fabbriche, ci sarebbero disagi nei trasporti e la rete ferroviaria bloccata, con conseguente difficoltà di approvvigionamento di viveri, medicinali, ecc. Un apocalisse. Ci ridurremmo in breve all’età della pietra, senza le conoscenze per cavarcela da soli come qualsiasi troglodita avrebbe saputo fare a suo tempo. Noi viviamo dando per scontato che il sistema funzioni e nessuno si preoccupa di imparare a scheggiare le selci o ad accendere un fuoco con le scintille, perché, giustamente o irresponsabilmente, le consideriamo pratiche inutili e arcaiche. Se noi utilizziamo l’elettricità, perché dovremmo impedire a uno studente di connettersi a Internet per trovare le informazioni o i servizi che gli occorrono? Perché obbligarlo a memorizzare dati inutili o a ricercarli in polverose biblioteche? Non sarebbe come se a noi imponessero di imparare a seguire le tracce di cervi e mammut o di macellarli? A noi non serve, ci basta tirare fuori la nostra bistecchina incellofanata dal frigorifero. Bisogna cercare di capire quali sono le conoscenze più importanti e cosa è davvero necessario memorizzare. Più che incamerare una grande quantità di nozioni, ora facilmente reperibili, è più importante sapere dove e come trovarle. C’è la possibilità di usare al meglio i mezzi che abbiamo a disposizione. Usiamoli. Oggi la cultura è a disposizione di tutti, ma non tutti hanno gli strumenti o le capacità di rintracciare le informazioni desiderate. Ce ne sono anche troppe e molte provengono da fonti poco affidabili. Una buona linea di condotta per il futuro potrebbe essere quella di insegnare come trovarle, come porsi le domande giuste, come distinguere i fatti reali dalle informazioni false.

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