Il docente Franco Bertini condivide la sua esperienza come autore di testi scolastici e racconta l’approccio del testo “Io penso”, che nel 2022 esce con la seconda edizione.
Quando ha cominciato a pubblicare testi scolastici e perché? Ho una produzione ormai ventennale perché la prima edizione del mio testo “Storia, fatti e interpretazioni” risale al 2002. Non c’è una ragione sola per cui si pubblica. Nel mio caso direi che ha prevalso la curiosità di esplorare percorsi didattici rinnovati e condividerli. Capire se quello che funzionava per me poteva funzionare in generale. La pubblicazione di un manuale è una sfida perché si basa sulla ricerca di un delicato equilibrio tra sperimentazione didattica e preservazione dei programmi ufficiali che ci sono e condizionano i docenti diventando il loro principale ancoraggio.
Cosa è cambiato da allora? Quando ho iniziato, si cominciava a utilizzare le mail, ma in prevalenza c’era l’uso del telefono e l’invio del cartaceo. Solo negli anni seguenti all’invio del cartaceo è stato affiancato l’invio dei file. L’idea che il cartaceo facesse fede è rimasta a lungo per esempio nei contratti, anche quando ormai non lo si usava più, una sorta di refuso del passato. Io tuttavia ho partecipato all’inizio dell’evoluzione, per cui la revisione avveniva sempre più sui file e non con la restituzione del cartaceo. La prima redazione che ho frequentato ricordava ancora i tempi leggendari in cui si facevano le revisioni urgenti, magari in chiusura, con lunghe, interminabili telefonate.
C’è un titolo che le ha dato maggiori soddisfazioni rispetto agli altri? Soddisfazioni equamente distribuite fra il primo testo di storia, che ha avuto anche un grosso riscontro nelle vendite e ha dato inizio alla mia carriera di autore, e il testo di filosofia, ora alla seconda edizione, e che ha rappresentato una sfida del tutto nuova, dopo le pubblicazioni di storia.
Ci racconti qualcosa di “Io Penso”, testo che nel 2022 è alla seconda edizione e del quale Ampa ha curato la progettazione grafica. Questo manuale è un lavoro stratificato, che può essere letto a più livelli di senso:
La Filosofia diventa friendly
C’è un primo livello di senso che si sviluppa sull’idea rendere la filosofia amichevole, friendly. Oggi un manuale non può essere un ponderoso tomo ridondante. Bisogna utilizzare un linguaggio comprensibile alle nuove generazioni. In questo senso il lavoro del grafico è fondamentale. Il testo deve sempre essere accompagnato da stimoli visivi, mappe concettuali, deve aprirsi ad una lettura multimediale, pur nei limiti di un prodotto “frontale” come il testo non può che essere, almeno nella sua versione cartacea, che è tutt’oggi prevalentemente adottata. In particolare, un manuale di filosofia deve consentire di portare la disciplina al livello dei ragazzi, il che non vuol dire abbassarne la natura epistemologica, ma semmai riassegnarle un ruolo fondativo nello sviluppo delle competenze cognitive dei ragazzi. Un manuale di filosofia deve non solo trasmettere conoscenze intorno allo sviluppo storico della disciplina nei secoli, ma far comprendere che la filosofia consente lo sviluppo di formidabili competenze logico-cognitive, etiche, politiche.
La filosofia insegna ad argomentare e a sviluppare il sapere critico. È anche, e forse soprattutto, una modalità di organizzazione delle argomentazioni in modo rigoroso. La filosofia è dialogo con l’altro e dunque abitua a dibattere, ad essere flessibili e ad ascoltare le ragioni altrui. In questo senso, il manuale prova a coniugare competenze e conoscenze, risolvendo una disputa che è, dal mio punto di vista, molto poco comprensibile. Credo fermamente che lo sviluppo delle conoscenze filosofiche consenta l’esercizio di competenze ad ampio raggio. Quindi conoscenze e competenze devono stare insieme, non possono essere alternative.
Connessioni
Un secondo livello di senso, fortemente congiunto al primo, sono le connessioni, i collegamenti fra la filosofia e le altre discipline, l’idea della filosofia come disciplina ponte. Di qui una serie di rubriche inserite dentro il profilo, e non a margine, in cui i collegamenti con arte, letteratura, psicologia, sociologia eccetera, si aprono mentre un certo argomento è in corso di trattazione. Anche l’educazione civica che, secondo le indicazioni ministeriali, deve emergere dalle varie discipline, viene in questo senso affrontata. A questo si aggiunge la stesura, che si deve alla fertile immaginazione di Maura Gancitano e Andrea Colamedici, di un volumetto dal titolo “Il gioco del pensiero” che usa la filosofia per affrontare i temi dell’Agenda 2030, in modo coinvolgente e divertente.
Grandi domande
Un altro livello di senso nasce dall’esigenza di illustrare i nessi forti, le grandi svolte del pensiero, i nuclei tematici significativi che emergono dal confronto fra filosofie. La chiave di volta che regge in tal senso il manuale è il tentativo di rispondere a tre grandi domande, che accompagnano il testo in ogni sua fase: che cos’è la realtà, come possiamo conoscerla, come dobbiamo agire. Troviamo queste domande negli Atlanti di apertura delle varie sezioni, come guida ai focus introduttivi dell’unità, in conclusione di volume per tracciare percorsi tematici.
Dal “canone” ai percorsi tematici
In Italia si insegna storia della filosofia, molto diversamente da quello che accade in altri paesi, dove ci si concentra semmai sulle tematiche.
Come accennavo, alla fine di ogni volume tali percorsi tematici vengono riassunti tramite mappe, sempre con riferimento alle tre grandi domande di cui sopra, consentendo così eventualmente, di smontare il profilo storico e percorrere il manuale secondo temi e problemi. Nel corso del manuale tali problematiche vengono, come già dicevo, comunque frequentemente proposte, ripercorse autore per autore.
Ricorso assiduo alle fonti
Al punto precedente si collega il ricorso assiduo alle fonti, secondo un doppio binario.
- Alla fine di ogni capitolo viene presentata un’antologia di testi che esemplificano quanto trattato nel profilo e ne testimoniano l’origine per far capire ai ragazzi che la fonte precede il profilo, ne è il fondamento.
- Alla fine delle unità vi è invece un percorso documentario tematico, che riprende il focus iniziale di ciascuna unità e che insegna la decodificazione di un testo “lungo” con guide alla lettura, glosse a margine del testo che aiutano a focalizzare i temi affrontati, una mappatura del testo e una messa a fuoco del suo significato, oltre ad esercizi di comprensione e sviluppo del tema trattato nel brano.
Filosofia multiculturale
Siamo infine molto orgogliosi di offrire, grazie alla collaborazione di Chiara Thiebat, una visione “multiculturale” nell’approccio alla filosofia. Chiara ha individuato nei tre volumi alcuni percorsi di collegamento al sapere orientale che riteniamo possano essere davvero molto stimolanti. La filosofia è un prodotto assolutamente occidentale, ma il collegamento con l’Oriente offre davvero apertura e visione.
Ha mai ricevuto feedback da parte di docenti che hanno adottato uno dei suoi testi? In genere l’editore fornisce all’autore informazioni e riscontri. Quando si deve approntare una nuova edizione è uso che vengano fatti questionari fra i docenti per valutare l’impatto della vecchia edizione e i punti di forza e di debolezza. Talvolta alcuni insegnanti chiedono riscontri diretti all’autore, oppure prendono iniziative quali l’invito per lezioni/conferenze.
Ha riscontrato delle difficoltà nel suo lavoro da autore? Scrivere manuali è un’attività complessa, richiede un costante aggiornamento, sia sul piano dei contenuti che della didattica.
In questo senso la sfida è intensa, perché il manuale è per natura frontale, presuppone la trasmissione del sapere. La sfida è riuscire a coniugare questa dimensione con stimoli che inducano alla partecipazione, al coinvolgimento, all’attivazione del lettore/studente. In questo senso, il digitale è una risorsa assolutamente spendibile.
Cosa deve fare oggi un/a docente per pubblicare un testo? Non posso dire che cosa si deve fare oggi, ma posso condividere come per la prima volta ho avuto approccio al mondo editoriale scolastico. Il contatto può avvenire in vari modi, anche per esempio tramite rappresentanti commerciali o editor, come nel mio caso.
Io per esempio, quando ho stabilito i primi contatti, avevo in tasca un molto poco ambizioso commento didattico ad un testo di Platone. All’epoca, senza gli attuali tetti di spesa, si adottavano molte “letture”. L’editore mi fece sapere che del mio testo commentato non si poteva fare un gran uso, ma che non gli dispiaceva come scrivevo, che stavano pensando ad un manuale di storia ed erano, per così dire, “in cerca di autore”. Non avevo mai pensato ad un manuale di storia, ma poi iniziai a pensarci con decisione per cogliere quell’opportunità inattesa. Inviai così un’idea per un manuale di storia che, incredibilmente, venne molto apprezzata. Nel mio caso, non essendo conosciuto, potevo contare solo sulla forza eventuale della mia idea che doveva reggere il progetto didattico. In altri casi, succede che l’autore del manuale sia già una figura nota e autorevole e, di conseguenza, il valore aggiunto dato al nuovo testo è la firma, il nome di chi scrive. Ma in tal caso le dinamiche di accesso all’editoria scolastica sono altre rispetto a quello che io ho conosciuto, nella mia anonima condizione di insegnante di liceo. Quanto all’impegno che questo lavoro richiede, si deve tener conto che la stesura di un manuale è un lavoro costante e pressante, che presuppone grande disponibilità a essere flessibili negli orari e nei ritmi del proprio impegno, che può subire rallentamenti ma anche accelerazioni brusche (specie in chiusura di volume), visto che in genere si deve conciliare il lavoro di stesura con le incombenze lavorative quotidiane.
Come funziona il coinvolgimento dell’autore o autrice rispetto allo stile iconografico e alla creazione dei materiali digitali? Il coinvolgimento è fattivamente marginale per quel che riguarda la creazione di materiali digitali, ma può esserci una forte interrelazione in fase di progettazione. La redazione Zanichelli mi chiede spesso idee a cui poi altri daranno forma e sostanza “virtuale”. Direi che l’interrelazione deve esserci, a condizione che l’autore capisca qual è il suo ruolo, di stimolo e di indicazione, non di sovrapposizione e intervento in relazione a competenze che non ha, o comunque non può avere quanto gli addetti al lavoro. Analoga cosa può dirsi per i progetti grafici. In un manuale come Io penso la progettazione grafica è essenziale per una resa ottimale dell’idea didattica del testo. L’autore è in questo senso fondamentale, ma non può credere di essere lui il grafico. In questo senso con Cinzia Rosica – responsabile Ampa ndr – c’è stata una grande sinergia e credo una reciproca comprensione. Io sono sempre rimasto molto colpito da come le mie idee venissero capite e concretate nel progetto grafico e nella sua esecuzione.
Quanto tempo richiede curare un contenuto didattico con un percorso autoriale? Almeno un anno a volume, meno nelle revisioni e nelle edizioni seguenti, che in genere richiedono comunque, nel mio caso, almeno un anno di lavoro per la revisione dei tre volumi del manuale.
Che consigli darebbe a docenti e professionisti che volessero cominciare un percorso autoriale per pubblicare un testo scolastico? La manualistica italiana è un territorio sterminato. Gran parte delle opere che vengono pubblicate, e questo lo dico indipendentemente dal loro successo editoriale, ricalcano schemi usuali e rassicuranti, magari molto spendibili perché consolidati e apprezzati, ma non originali. Un manuale “nuovo” deve poter fare la differenza, deve esserci un’idea forte. Direi di partire, nel cercare l’idea, dall’esperienza in classe, con i ragazzi. Lì c’è la risposta e lì si può trovare l’idea. Nel mio primo manuale di storia l’idea era di proporre un manuale in cui il lavoro dello storico venisse messo in luce e il più possibile riprodotto. Troppo spesso i manuali di storia inducono i ragazzi a non capire il senso e l’essenza della disciplina. Bisognerebbe ricordarsi che la stesura del profilo manualistico è un punto di arrivo nel lavoro storico, basato su una selezione orientata dei fatti, ma non è “la” storia; prima ci sono le fonti, la documentazione storiografica, il lavoro di interpretazione che altri hanno già fatto. I docenti quindi hanno la responsabilità di non ridurre il discorso storico alla narrazione manualistica, sminuendo il rigore scientifico della disciplina.
11 settembre 2001
Un esempio pratico è quanto successo durante la stesura della mia prima edizione, proprio mentre stavamo chiudendo il terzo volume, c’è stato l’attentato alle Twin Towers. Ricordo ancora la telefonata della redazione, in cui mi si chiedeva se era il caso di inserire l’evento nel testo già pronto. Naturalmente abbiamo optato per il sì, anche a costo di rivedere l’impaginazione del volume. Ma la domanda che ci eravamo posti, in fondo, era la domanda della storia in generale: quando un fatto è storico? Quando bisogna parlarne? È la domanda che ogni manuale deve porsi, se non vuole essere un semplice elenco di fatti ed era esattamente ciò che avevo cercato di fare fin dall’inizio della stesura del testo.
Fonti, storiografia e profilo
All’inizio del mio lavoro, mi ero detto: perché non proporre il lavoro dello storico? Perché non inserire le fonti nel profilo, a dimostrazione che da lì il profilo traeva spunto? Perché non spiegare su quali idee-chiave si fonda la selezione manualistica? Poi mi ero interrogato sulla spendibilità del lavoro storico più ad ampio raggio, come risorsa per la decodificazione dell’oggi. Ho immaginato un mio studente dinanzi alle pagine di un quotidiano in cui, qualche anno dopo, si fosse parlato ad esempio proprio dell’attentato dell’11 settembre; oppure, che so, si parlasse delle proteste degli indios americani durante le celebrazioni del Columbus day negli ultimi anni. Mi sono chiesto: la storia come disciplina e come metodo, potrebbe aiutare studenti e studentesse a leggere meglio l’articolo di cronaca? La storia è uno strumento spendibile anche per la decodificazione dell’attualità?