Latino o informatica? Indirizzo tradizionale o scientifico?

Si discute ancora sull'utilità del latino nei licei scientifici. Una annosa questione che lo ha contrapposto ad altre materie.
Negli anni ’80, quando cominciavano a diffondersi i primi personal computer, si studiava (si fa per dire) il latino a scuola e l’informatica era solo un hobby cui dedicarsi a casa. Ci sono voluti quasi trent’anni prima che nei licei scientifici (riforma Gelmini, attiva dal 2016) il latino lasciasse spazio a chi, scegliendo l’indirizzo di scienze applicate, ora opta per una preparazione più moderna. I difensori del latino più tradizionalisti hanno sempre sottolineato quanto fosse formativo il suo studio, per conoscere le proprie radici e gli autori del passato, e per migliorare il lessico e la grammatica, permettendo l’apprendimento di un italiano corretto. Quelli più moderni e più pratici facevano notare quanto esso fosse efficace per esercitare la logica, quindi utile non solo per aumentare il proprio bagaglio culturale, ma anche per allenare la mente e svilupparne l’intelligenza. A loro volta, i promotori dell’informatica dicevano che i linguaggi (appunto, linguaggi) di programmazione erano le lingue del futuro, anch’essi sottoposti a rigide regole che obbligano la mente a un duro esercizio di logica, non meno del latino o della matematica. Dicevano che era assolutamente necessario imparare ad utilizzare un computer, perché da mezzi per la ricerca nelle università, essi sarebbero diventati strumenti indispensabili per svolgere la maggior parte dei lavori. La conoscenza dell’informatica in senso lato, non i linguaggi di programmazione, bensì i programmi utilizzati, sarebbe diventata un requisito minimo per ottenere un impiego. C’era anche chi profetizzava che sarebbero diventati via via più piccoli e semplici da usare, fruibili e utilizzati quotidianamente da chiunque (Bingo!!!). Il boom di iscrizioni nel liceo delle scienze applicate (6,9% nel 2015, 7,6% nel 2016, 8,2% nel 2017) pare dare ragione, se non ai promotori dell’informatica, per lo meno a quelli che sentivano questa esigenza. Un altro dato di fatto: questi licei hanno una grossa difficoltà a trovare gli insegnanti di informatica. Come mai, con tutti gli insegnanti in graduatoria in attesa di un ruolo? Semplicemente perché un esperto di informatica guadagna il doppio lavorando in un’azienda. Gli insegnanti sono notoriamente malpagati. Un informatico deve allora sentire l’insegnamento come una missione, oppure avere le sue ragioni personali, ad esempio non essere in grado di sostenere i ritmi e i tempi richiesti da un’azienda, come una mamma che preferisce passare il proprio tempo con i bambini piuttosto che fare gli straordinari in ufficio. D’altro canto, da parte delle aziende non c’è poi una così grande richiesta di latinisti… Il latino e magari anche il greco sono fondamentali per sviluppare la nostra cultura umanistica occidentale; la matematica, l’informatica e le scienze per seguire un indirizzo scientifico. Ad un ingegnere, il latino serve quanto l’algebra ad uno scrittore (a meno che non scriva un giallo o un romanzo su un matematico). Che ciascuno faccia quindi le scelte che desidera. L’esercizio della mente è sempre cosa buona, ma la si può utilizzare in tanti modi più utili ed attuali: studiare una lingua moderna, fare un progetto che funzioni o un business-plan. Ci sono centinaia di modi e infinite occasioni per far lavorare il cervello, cerchiamo di usarlo fare per ciò che ci serve e ci può appassionare.

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