Continuiamo ad approfondire il mondo della didattica inclusiva con la voce e l’esperienza di Maria Chiara Mattacchione, docente dal 2019 nella scuola secondaria di secondo grado, formatrice, esperta di inclusione e didattica speciale e autrice di diversi prodotti per Giunti Edu dedicati alla strutturazione dei PEI, Piano Educativo Individualizzati e realizzazione di contenuti didattici in ottica inclusiva.
Come e perché ha cominciato a specializzarsi in didattica inclusiva?
Quando ho iniziato la mia attività di docenza, mi sono resa conto delle tante sfide e sollecitazioni che il contesto scolastico pone all’attività didattica. Mi è parso subito evidente che la sola padronanza delle competenze disciplinari non basta a garantire una didattica efficace e in grado di avere una ricaduta positiva sull’intero gruppo classe. Fare didattica e interfacciarsi continuamente con la complessità dell’ambiente classe pone al docente una serie di sfide a cui far fronte con competenze collegate all’ambito curricolare, ma che inglobano anche competenze relative all’ambito normativo, psico-pedagogico e didattico.
Da questo punto di vista, il percorso di specializzazione per le attività di sostegno didattico rappresenta una tappa importante per la crescita professionale di molti docenti o futuri docenti che si approcciano al mondo della scuola con il desiderio di mettere in campo modalità di insegnamento in grado di offrire stimoli e opportunità di apprendimento a tutti gli studenti, valorizzandone le differenze individuali e rendendole l’elemento da cui partire per la pianificazione dei propri interventi didattici. Per quanto mi riguarda, è stato il punto di partenza, l’inizio di un lavoro di continua acquisizione di capacità e competenze in ottica inclusiva.
Qual è il ruolo del docente e cosa caratterizza una didattica inclusiva?
Ogni insegnante è chiamato a essere consapevole delle sfide che si presentano ogni giorno nella pratica didattica e a diventare sempre protagonista e motore di un cambiamento sistemico, finalizzato a rimuovere tutte le barriere e gli ostacoli che determinano forme più o meno marcate di esclusione, di marginalizzazione o di discriminazione.
Un insegnante “inclusivo” deve avere una serie di caratteristiche, a mio avviso strutturali:
- essere capace di ascoltare e di incoraggiare
- capire l’importanza di evitare stigmatizzazioni che potrebbero creare fenomeni di emarginazione
- favorire un buon clima relazionale con un atteggiamento di rispetto, equità ed empatia
- deve saper decentrare il proprio punto di vista e allenarsi a vedersi attraverso occhi esterni per valutare gli effetti del proprio agire didattico
- quando necessario, modificare la propria progettazione.
Per Giunti ha curato diversi percorsi sul PEI. Se dovesse indicare le tre cose principali pratiche da sapere per fare delle scelte adeguate, quali sarebbero?
La stesura di un buon PEI è un sempre frutto di un lavoro sinergico e collaborativo. Un lavoro di team con tutte le figure coinvolte nel processo di inclusione è requisito necessario affinché il Piano Educativo Individualizzato, progettato per il nostro alunno o la nostra alunna, sia uno strumento significativo di crescita e benessere e dunque abbia una ricaduta positiva. Il PEI non va concepito come mero adempimento burocratico, ma come strumento costruito su misura dello studente atto a garantire una progettazione ben calibrata e in grado di avere un impatto significativo.
Il PEI è uno strumento di lavoro i cui benefici non si limitano al solo alunno per il quale è pensato e predisposto, ma coinvolge tutto il contesto classe. Il PEI, infatti, se usato sinergicamente e sistematicamente nel corso dell’anno può davvero essere uno strumento di riflessione condivisa, di indagine e di stimolo per la costruzione di una didattica sempre più inclusiva, che collochi al centro lo studente inteso come protagonista del processo formativo.
Molti docenti sottolineano la mancanza di libri di testo in ottica inclusiva all’altezza delle necessità e creano autonomamente contenuti adatti ai ragazzi con BES e DSA. Quale è la sua esperienza e opinione sui testi scolastici in ottica inclusiva?
Il libro di testo è ancora il principale veicolo della didattica, un mediatore che, nella sua costruzione, non tiene certamente conto dell’eterogeneità che caratterizza il gruppo classe e delle peculiarità di ciascun alunno. É pensato per un destinatario standard e dunque il ruolo del docente è ancora essenziale per un uso funzionale del testo scolastico.
Possiamo certamente constatare un’interessante evoluzione del libro di testo in ottica inclusiva. Pensiamo alle dotazioni che corredano i libri create proprio per facilitare in molti modi la partecipazione e l’apprendimento: sussidi aggiuntivi, mappe, espansioni online, audio, esercizi guidati, utilizzo di font ad alta leggibilità, per citarne alcuni. Certamente siamo in presenza di strumenti che possono andare a beneficio di molti alunni, ma che non rispondono alle esigenze di tutti, soprattutto in presenza di difficoltà più marcate.
Quindi, sebbene constatiamo una progressiva evoluzione del libro in ottica inclusiva, ciò non priva il docente della sua autorevolezza nella modalità di presentazione dei contenuti e soprattutto non elimina il problema dell’adattamento del materiale didattico.
In mancanza degli opportuni interventi di adattamento, infatti, il libro di testo può diventare causa di esclusione, determinare un senso di estraneità ed esclusione dell’alunno dal contesto. Possiamo cogliere la portata di questo problema man mano che saliamo nei gradi di scuola: già nella scuola secondaria di primo grado, e in misura ancora più marcata nella secondaria di secondo grado, il libro è il principale veicolo della didattica. È indispensabile quindi il ruolo del docente nell’adattamento dei contenuti didattici.
Cosa serve davvero per rendere accessibili e più semplici i contenuti didattici?
Rendere i contenuti didattici accessibili e dunque migliorare l’esperienza scolastica dei nostri alunni implica, da parte del docente, un lavoro di costante progettazione. È necessario infatti pianificare preliminarmente quali contenuti andremo a trattare per poter determinare le possibili difficoltà dei nostri alunni ma anche per puntare su strategie e modalità di presentazione dei contenuti che facciano leva sugli interessi dei nostri alunni e quindi suscitino motivazione verso l’attività didattica. Occorre definire preventivamente quali strumenti didattici e quali modalità di presentazione e fruizione dei contenuti possono essere efficaci in base al contesto nel quale si opera. L’obiettivo è quello di partire dalla specificità del contesto, tenendo conto delle difficoltà ma anche dei punti di forza degli studenti per poter progettare interventi significativi per il loro successo formativo.
Grazie a Maria Chiara Mattacchione per la disponibilità.
Illustrazione di copertina di Luca Poli
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