L’autrice e docente si racconta e ci racconta come affrontare il cyberbullismo con una storia in forma di diario e un percorso multimediale didattico.
Nel quarto appuntamento con “L’editoria raccontata da chi la fa”, usciamo leggermente dai binari dell’editoria scolastica in senso stretto. Abbiamo intervistato Elisabetta Belotti, docente e autrice di “Viola nella rete” che svela come e perché questo libro appassiona i ragazzi e le ragazze e come ha cominciato a occuparsi di questa tematica.
Buona videolettura!
(video in fondo alla pagina)
Il mondo della scuola ha bisogno di essere ascoltato con la voce dei suoi componenti.
Elisabetta Belotti
Cosa insegni e come hai cominciato a pubblicare?
Io insegno Italiano storia e geografia da 20 anni alle scuole medie e da più di dieci anni nella stessa scuola. Scrivo da sempre per me o per realizzare materiali per la scuola, ma pubblico ufficialmente dal 2012. A un certo punto, ho deciso di far convergere la mia passione per il lavoro a scuola con la scrittura. Così ho cominciato a scrivere per ragazzi e ragazze che frequentano dalla fine della scuola primaria all’inizio della scuola superiore perché è la fascia d’età che conosco meglio ed è quella in cui sono ci sono tanti cambiamenti forti. Quando li accolgo in prima media, sono ancora bambini e alla fine della terza media sono in piena adolescenza e pronti per la scuola superiore. Questo, nel contesto dove mi trovo, significa anche uscire dal territorio comunale. È una fase di passaggio che vedo e conosco bene.
Parliamo del libro “Viola nella rete” che ti ha reso un riferimento sul tema del cyberbullismo. Il libro ha la struttura di un diario. Come mai questa scelta?
Lo spunto del genere narrativo diario è molto diffuso nella letteratura per ragazzi. Io, ad esempio, faccio leggere ai ragazzi “Il diario di Adrian Mole” di Sue Townsend e anche Wonder di R. J. Palacio, che non è proprio un diario ma è adotta diversi punti di vista. In seconda media, infatti, proponiamo testi personali e diversi generi letterari come la biografia, l’autobiografia e il diario. Tutti testi in cui viene fuori la componente personale. E qui ho notato due approcci diversi.
Nel primo caso risulta pesante, nell’altro spesso vengono fuori con considerazioni private riguardanti la famiglia.
Viola è la nuova arrivata, Leo è l’alunno vivace che è un falso bullo e Chiara è la tipica alunna apparentemente perfetta che si rivela, a sorpresa, proprio la cyberbulla. Do quindi voce alla storia vista con gli occhi di questi ragazzini per avere un punto di vista interno di tutti e tre i personaggi. Ha funzionato perché le persone che incontro nelle scuole, sia ragazzi che docenti, mi chiedono come conosco le dinamiche dei social citati e come ho fatto a usare un modo di fare e di esprimersi semplice e scorrevole.
Ho scritto questo libro prima della pandemia e, per caso, è stato pubblicato nel pieno dell’emergenza. Non c’è quindi un collegamento tra la tematica del cyberbullismo e la pandemia perché i ragazzi già vivevano questo mondo di connessioni digitali che si integrano perfettamente con il vissuto in classe.
Secondo la tua esperienza, cosa sanno i ragazzi della loro identità digitale? Ha senso parlare di privacy e protezione dei dati con loro?
Io ho l’occhio dell’insegnante adulto e del genitore e mi rendo conto che essendo nati in questo mondo, vivono il rapporto con il digitale con molta più disinvoltura degli adulti. Da docenti, ribadiamo quanto spiegato bene dalla polizia postale: quando si pubblica un’immagine, anche se la rimuoviamo, resta per sempre perché qualcuno potrebbe averla salvata e condivisa.
Come è nato il percorso didattico multimediale sul cyberbullismo pubblicato su Dire fare insegnare?
Avevo tante idee da lavori svolti in classe riguardo l’immagine di noi stessi e sul far capire che quello che pubblicano le e gli influencer è sempre una selezione, frutto di una scelta.
Da lì i ragazzi, facevano un autoritratto scritto e un selfie, collegandoli per capire come lo specchio ci rimanda alla nostra immagine e come possiamo scegliere. Nello specifico, il percorso parte da un monologo di Paola Cortellesi che interpreta un ragazzino vittima di bullismo dalle elementari alle superiori. Il filmato era stato davvero forte anche per me, come mamma e insegnante e si è rivelato coinvolgente anche per i ragazzi perché li colpisce su più livelli grazie alla bravura dell’attrice, all’interazione tra recitato e parte musicale. Dal video, si comincia a farsi delle domande sulle quali si imposta l’attività: ruolo del bullo e della vittima, differenza tra bullismo e cyberbullismo e sulla risonanza amplificata di quello che avviene online. Una parte del lavoro, infatti, è stata dedicata al rapporto tra offline e online, perché per i ragazzi e le ragazze oggi non c’è distinzione. Quindi, nel percorso ci sono attività dedicate a capire questa distinzione.
Alla fine si arriva al libro “Viola nella rete” in maniera naturale e con attività pratiche. I ragazzi possono quindi scrivere una pagina di diario dal punto di vista di uno dei tre protagonisti e anche descrivere i personaggi usando termini descrittivi o narrativi, ad esempio creare paragoni con caratteristiche animali.
Che riscontri hai avuto da parte dei docenti che hanno scelto di usare il modulo?
I feedback sono stati positivi, anche perché so che molti ne utilizzano alcune parti perché è modulabile.
Ci sono delle difficoltà che hai riscontrato nel diventare autrice?
Finché si scrive per sé stessi va tutto bene. Poi nella pubblicazione, all’inizio facevo tutto da sole e ho capito quando bisogna darsi da fare per contattare le case editrici, anche se con internet lo sforzo si è ridotto. Da quando ho un agente questa parte del lavoro si è semplificata, ma l’agente non può fare miracoli.
Tutto dipende dal fatto se il libro piace o non piace e da elementi quali: accessibilità, fluidità dell’argomento, interesse, possibilità di sceglierlo da parte degli insegnanti senza che nascano problemi con i genitori. Questo anche perché, nella letteratura per ragazzi ci sono dei limiti giusti per i quali si può parlare di quasi tutto, ma facendo molta attenzione al modo in cui se ne parla. Per scrivere per ragazzi servono più filtri rispetto alla letteratura per adulti.
Che consigli daresti ai docenti che vogliono cominciare un percorso autoriale di un testo didattico anche in forma multimediale?
A meno che non si scriva una storia di un contesto storico specifico per il quale servono particolari studi e ricerche, meglio dedicarsi alla nostra realtà, ma questo non vuol dire parlare di noi stessi. Poi è importante evitare di trattare un tema solo perché è di moda. Ad esempio sull’empowerment femminile sono usciti tanti libri, ma si capisce subito quali sono i testi di valore e quali sono scritti solo perché magari l’editore ha chiesto all’autore di scrivere qualcosa su un argomento di tendenza. Alla fine il risultato è comunque buono perché c’è l’esperienza, ma si capisce quando in un testo manca il coinvolgimento e il cuore.
Stai lavorando a un nuovo progetto editoriale in ambito scolastico?
Sto cominciando a valutare seriamente di dare un seguito al libro di “Viola nella rete”, anche perché i ragazzi e le ragazze mi chiedono se Leo e Viola si mettono assieme (la parte romantica) e cosa succede a Chiara nella nuova scuola (la parte più cattivella). Un altro filone che mi interessa molto è quello del cambiamento climatico e vorrei affrontarlo bene, nonostante gli impegni e le continue emergenze che ci sono e diventano tematiche da affrontare in classe.