Didattica digitale intervista di studio ampa ad Annamaria Bove e Luca Montanari

Origine ed evoluzione della didattica digitale

Questo è un altro appuntamento de “L’editoria scolastica e non solo raccontata da chi la fa”, la rubrica di Studio Ampa per raccontare e approfondire il nostro mondo professionale. Abbiamo ospiti due persone esperte: Annamaria Bove e Luca Montanari con cui parliamo di didattica digitale, un tema vasto e sempre attuale. 

Didattica digitale a scuola con Annamaria Bove 

Annamaria Bove è “la profgiornalista”. Dopo l’attività di giornalista, si dedica all’insegnamento, ma porta con sé la passione per la carta stampata e trasferisce il giornalismo a scuola. In qualità di formatrice docenti (prima INDIRE poi PNSD), svolge corsi di educazione all’informazione, di educazione ai media e sull’uso del digitale nella didattica. Dal 2020 collabora con FEM, Future Education Modena, occupandosi di Learning Innovation, Media Education e Digital Journalism Education.

Come e perché hai cominciato ad occuparti di didattica digitale? 

Ho iniziato la mia carriera col giornalismo e dopo il praticantato e l’iscrizione all’albo professionale, ho seguito questa passione per la scuola fino a diventare docente di ruolo, oggi nella scuola secondaria di secondo grado. Nel momento in cui intraprendo la scuola, comincio anche a studiare il digitale  per poi mettere in campo le prime pratiche. Partecipo ad un bando di Indire e divento formatrice INDIRE, Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa, e a seguire  prendo parte ai programmi di formazione: Didatec, Poseidon, LIM. Da quel momento è cominciato il mio percorso sull’uso del digitale fino a portarlo nel campo giornalistico: l’evoluzione del giornalismo, infatti, presuppone anche una certa conoscenza del digitale. 

Come definiresti il termine didattica digitale in una frase? 

É una didattica che necessita di metodologia, nel senso che per lavorare con il digitale – che vuol dire utilizzare strumenti – se non c’è alla base una progettazione (organizzazione), non si va da nessuna parte. É necessaria una base metodologica per la costruzione dell’attività da svolgere sia come formatore che come docente in classe. 

Cosa unisce scuola e informazione giornalistica? 

La scuola ha un ruolo fondamentale per quanto riguarda l’educazione dei giovani ai media e all’informazione. La società è iperconnessa con un numero sempre maggiore di dati e informazioni immessi nella rete.

Spesso i dati che troviamo in rete creano

volume e non valore. 

Quindi dobbiamo educare i nostri ragazzi a sapere utilizzare quell’informazione e a districarsi nel web. Capire quali sono le fonti e avere un senso critico. L’informazione non è solo scritta, ma è anche foto e video che non sempre sono autentici. Per questo, c’è l’attività di fact checking che i ragazzi e le ragazze devono imparare per andare all’origine di quello che fruiscono sul web. Inoltre è cambiata la narrazione giornalistica. Non abbiamo più  soltanto la testata che scrive su carta stampata e si sposta anche  sul web, ma tanta informazione  viene diffusa  direttamente sul web e sulle piattaforme  social. 

L’informazione sui social segue una narrazione diversa che si scrolla con le dita.
É un’informazione fatta di  immagini, parole chiave, che colpiscono subito l’utente.

Sia noi che i ragazzi siamo dei prosumer: consumatori e produttori perché non solo fruiamo contenuti ma costruiamo contenuti. Quindi bisogna educare i ragazzi e le ragazze a produrre contenuti in maniera consapevole: devono sapere bene cosa realizzano, come lo condividono e con chi lo condividono.

Tu collabori con il Future Education Modena, un centro internazionale per l’innovazione in campo educativo che organizza il Learning More Festival. C’è un argomento, tra tutti quelli trattati da FEM, che ritieni fondamentale per chi insegna nell’ambito della didattica digitale? 

Ѐ difficile dire se esista un tema principale perché FEM è un centro di innovazione e raccoglie i risultati della ricerca anche a livello internazionale, poi li porta dentro FEM dove vengono organizzati dei prodotti diffusi nelle scuole e in tutti i luoghi dedicati alla formazione. Il Learning More Festival è un appuntamento importante per FEM, con ospiti internazionali e non solo e che ha già, nelle due precedenti edizioni, ottenuto un enorme consenso con grandi numeri di partecipanti.. Questo perché FEM riesce ad essere lungimirante con vedute molto ampie proponendo la cultura, l’istruzione e gli argomenti strettamenti legati sia al contesto, all’attuale società in cui viviamo ed operiamo e sia al futuro prossimo. 

Formazione nella didattica digitale con Luca Montanari

Luca Montanari ha esperienza come redattore e autore di testi e lavora come consulente di contenuti digitali per apparati didattici della scuola secondaria di I e II grado e come formatore certificato Google for Education: webinar, corsi personalizzati, workshop e convegni centrati sull’innovazione tecnologica e la didattica digitale nell’insegnamento scolastico.

Come e perché hai scelto di specializzarti in questo settore e cosa significa nella tua esperienza didattica digitale? 

Il mio è un percorso non atipico, ma un po’ variegato. Ho una laurea in filosofia vissuta con un approccio abbastanza lontano dal digitale. A seguire ho fatto corsi di formazione per l’editoria, poi sono entrato nell’editoria scolastica in cui ho lavorato come redattore e poi come autore di testi e di didattica. Nel periodo in cui ho cominciato, circa 12 anni fa, c’erano i manuali digitali con tutti i vari apparati, ma il digitale aveva un ruolo secondario rispetto alla carta. Io in realtà sono sempre stato appassionato di nuove tecnologie e ho percepito che le cose stavano cambiando e che il digitale avrebbe avuto un ruolo più importante con strumenti molto più immersivi in grado di coinvolgere studenti e studentesse. Ho cominciato a fare webinar per insegnanti sulla didattica digitale. Poi, quando questa attività è entrata nel pieno, è cominciato il lockdown: una vera e propria forzatura all’uso di strumenti digitali. Lì ho cominciato a fare sempre di più webinar e attività di formazione per insegnanti. E al tempo stesso, anche nel campo dell’editoria, il digitale ha iniziato ad avere sempre più spazio tanto che ormai i manuali digitali sono una sorta di manuali “paralleli”. Mentre prima erano un appoggio al manuale di carta e venivano progettati dopo, adesso hanno una progettazione a sé e hanno bisogno di una consulenza. Quindi io lavoro in questo ambito di progettazione degli apparati didattici digitali

Che rapporto hanno i docenti con Google for Education?

Google for Education è cambiato moltissimo in questi anni. Nella didattica a distanza in pandemia, la formazione ha fornito un supporto nell’utilizzo, nella gestione e nella condivisione di materiali didattici, quindi si è incentrata su piattaforme per archiviare e condividere contenuti digitali. In realtà, anche questo aspetto è cambiato in maniera veloce negli ultimissimi anni. Ora vedo che, aldilà della piattaforma  che ormai è diffusa ed è conosciuta nei suoi strumenti di base, per i quali c’è autonomia di utilizzo, si stanno sempre più diffondendo  strumenti digitali collegati alla suite principale. Un esempio, nell’ambito della storia e della geografia: per fare digital storytelling si utilizza uno strumento con potenzialità straordinarie: Google Earth che è stato molto ampliato in ambito education. Questo tipo di attività immersiva ed esplorativa degli spazi, sia attuale che di approfondimento storico, aiuta tantissimo in termini di didattica digitale. Un’altra risorsa che si utilizza molto è Arts&Culture, un vasto archivio digitale in cui ci sono tante risorse disponibili: immagini a 360 gradi, tour virtuali che riguardano arte e cultura, ma anche materie scientifiche in chiave digitale. 

Ho visto questo passaggio da parte di chi
insegna: da: “aiutami a condividere file” ad “aiutami a costruire attività didattiche
immersive e impattanti su tutte le competenze chiave”.  

In che modo la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale possono diventare risorse per la scuola?

Realtà aumentata e realtà virtuale sono diventate più accessibili a livello di strumentazione, che fino a poco tempo fa erano alla portata di poche scuole. Ci si sta rendendo conto che l’immersività aiuta. 

É ovvio che andare virtualmente in un certo luogo, poter vedere un certo oggetto a 360 gradi come se comparisse all’interno della classe, potenzia interattività e curiosità. 

Questi strumenti si basano in larga parte sull’intelligenza artificiale, argomento che sto approfondendo tantissimo. In particolare, sto approfondendo l’intelligenza artificiale generativa, implementata in chatbot, come ChatGPT, che cercano di rispondere in maniera intelligente riprendendo la nostra maniera di conversare. In effetti, l’IA a scuola presenta sia possibilità che criticità, ma rappresenta un valido alleato per poter fare delle attività interessanti legate al pensiero critico e creativo, all’emotività e alla consapevolezza di sé: è infatti una tecnologia alla portata di tutti, perché basta conversare attraverso il linguaggio naturale sapendo come dare i comandi giusti. E’ un cambiamento veramente forte che sta impattando sulla scuola e sul mondo editoriale. 

Interventi e confronto finale 

Annamaria Bove: concordo con quello che diceva Luca. Il momento della formazione e le richieste dei docenti è cambiato. Oggi c’è una richiesta di andare oltre: come può essere il compito che io devo strutturare con i miei ragazzi e come posso calarlo nell’ambito della mia classe. Nel mio caso, con l’informazione diventa importante con i docenti che partecipano alla formazione portare dei casi studio per capire fino in fondo l’informazione e l’uso dei media. 

Domanda di Luca ad annamaria: come percepisci l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale generativa in ambito didattico? 

Sono curiosa e sto studiando sia Chat-gpt che Gemini, ho provato a scaricare immagini a 360 per creare una narrazione che sia immersiva. Come creo il prompt per chiedere all’intelligenza artificiale quello che mi serve per portare avanti una narrazione. Quindi si, l’IA è entrata a scuola e percepisco che i docenti vogliono approfondire l’argomento.  

Guarda la videointervista

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